PUGNO CHIUSO E CHAMPAGNE
Franco Angeli - carte -
Testo critico a cura di Roberto Gramiccia
20 ottobre – 9 novembre 2018
Inaugurazione: Sabato 20 ottobre, ore 17:00
Via Angelo Brunetti 41-43 Roma
Orari di apertura: dal martedì al sabato 10:30-13:00 / 15:30-19:00
domenica e lunedì chiuso
La Galleria Scarchilli inaugura la sua presenza alla Roma Art Week 2018 con una mostra monografica dedicata all’artista Franco Angeli.
Giorgio Scarchilli ha ideato e realizzato questo evento, la cui proposta ripercorrerà i passaggi fondamentali della sua raffinata produzione esclusivamente di opere su carta attraverso gli anni ’50 e ’60.
Testo critico
Di Roma Franco Angeli è stato un figlio prediletto. Anche se Roma non ha tributato agli artisti della Scuola di Piazza del Popolo gli onori che meritano. Franco Angeli fu un artista di punta di quel gruppo che, letteralmente, cambiò il corso della storia dell’arte di quel periodo. Per questo, qualsiasi iniziativa che lo ricordi è benvenuta; non solo ma, se rigorosa e qualificata, contribuisce a una ricostruzione filologica che dovrà essere ufficialmente completata. In questo senso meritori sono gli sforzi di coloro i quali si stanno applicando, da anni, alla ricostruzione e alla valorizzazione di un percorso creativo unico nel suo genere.
E allora accogliamo con gioia e interesse questa preziosa mostra di carte di Franco Angeli che, dagli anni Cinquanta e Sessanta soprattutto, sono giunte fino a noi per dare testimonianza di un tempo irripetibile. La galleria Scarchilli ha ideato e proposto questa esposizione, il cui merito principale abita nel rigore e nella ricerca della qualità che ha ispirato la selezione delle opere proposte. Una selezione che ci racconta un pezzo di storia che partì da La Salita di Liverani con Roma ’60, i cinque pittori (oltre ad Angeli, Schifano e Festa: Uncini e Lo Savio) e riscosse da subito l’attenzione e il riconoscimento di un’altra grande galleria di (neo)avanguardia: La Tartaruga di Plinio De Martis.
“Franco Angeli è la bellezza e la grazia popolare romana. Non è facile mettere assieme quattro parole così: bellezza, grazia, popolare, romana. Ma Franco Angeli è un prodotto perfetto di queste quattro parole”, lo scrisse di lui proprio negli anni in cui le carte esposte sono state realizzate, Goffredo Parise, scrittore, compagno di Giosetta Fioroni (un’altra protagonista della Piazza del Popolo di allora) e osservatore attento delle vicende e dei protagonisti di quel tempo.
Lo stesso che paragonò la sfrontata bellezza del giovane Schifano a quella felina di un puma. Bellezza, strafottenza, successi, storie di amore, di sesso e di droga conobbero Angeli e Schifano. Un vissuto bollente che diede loro l’ebbrezza adrenalinica di possedere il mondo e l’incoscienza (persino) di resistere alle sirene della Pop art americana. Angeli non accettava di essere considerato un artista pop. Anzi disprezzava i simboli del potere degli Stati Uniti, destinati a rappresentare la cifra stilistica della sua opposizione ideologica al neocapitalismo.
A proposito della sua iniziazione artistica, capace di mischiare l’influenza dei maestri (Burri in particolare) e le sollecitazioni politiche che sembrano provenire dalla lettura di “Americanismo e fordismo” di Antonio Gramsci, scrive Franco Angeli: “I primi quadri erano testimonianze del contatto quotidiano con la strada. Vedevo i ruderi, le lapidi, simboli antichi e moderni come l’aquila, la svastica, la falce e martello, le lupe romane, gli obelischi, le statue. Ero entrato in contatto con lo scultore Edgardo Mannucci e nel suo studio di via Margutta ebbi l’occasione di vedere i quadri di Burri (…). Mi incuriosivano i Catrami con il loro nero su nero e scoprii anche che un quadro monocromo non è poi di un “solo colore” ma al contrario può avere una superfice dinamica, in movimento”.
È questa l’iniziazione del giovane pittore romano. Altro che freddezza algida e seriale della Pop. Semmai, attraverso Burri, lo sguardo si volge a quel di più di passione materica di un certo Informale, come bene dimostra l’opera esposta più vecchia della selezione presentata oggi, che risale al 1957. Poi viene l’impegno politico, la conoscenza e l’amicizia con Schifano presso la sezione del PCI di Cinecittà. E più forte si fa l’interesse per i simboli del potere, americano soprattutto.
Le sue opere, come ben dimostra l’esposizione, si riempiono di Half dollars, interi o esplosi in frammenti che inondano lo spazio, tutto lo spazio vitale. Si aggiungono svastiche, lupe romane e distese di falci e martelli come coltri a coprire la serie commovente dei suoi Cimiteri partigiani o a dialogare con scritte ed immagini varie, come nell’opera esposta con al centro la foto di Fidel Castro. E ancora lupe romane, armi (pistole soprattutto), obelischi, grate e frecce che riproducono i feticci di un nuovo potere imperiale di cui il dollaro è il dominus incontrastato.
A volte la superfice della sua pittura è resa più vibrante da velature che all’inizio Angeli ottiene chiedendo alla sue amiche e alle sue numerose amanti le proprie calze, trofeo di presumibilmente agitate (molteplici) notti d’amore. Il nostro pittore è una creatura inquieta, che conoscerà, come faranno i suoi compagni di strada più vicini, gli alti e i bassi di una carriera turbolenta che per alcuni anni lo renderà protagonista della dolce vita romana. Ma si tratterà di un percorso nevrotico, doloroso e persino violento come è ben narrato da Costanzo Costantini nel suo Cocaina a colazione (Maretti editore). La storia d’amore con Marina Ripa di Meana (“la donna più bella di Roma”) consumerà lui e lei trascinandoli a un passo dall’autodistruzione.
Fra champagne, pugni chiusi e sostanze si consumerà la vita di un talento che a pieno titolo corrisponde al prototipo dell’artista maudit. Rimane di Angeli la sincerità espressiva e l’impeto di un radicalismo individualista che ben esprime i mille modi con cui si può essere dalla parte degli oppressi. I simboli del potere che Angeli frantuma nel tentativo di distruggere il dio Mammona rimangono a ricordarlo. Anzi vien quasi da pensare che nella sua ossessione per essi si nasconda la premonizione di un mondo, il nostro, ancora di più ostaggio dell’unico potere selezionato dalla storia: quello del danaro.
Roberto Gramiccia
Galleria Scarchilli
Via Angelo Brunetti 41-43, 00186 Roma
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